Richard Ford - Canada



Dopo qualche settimana torno con la recensione di un libro che mi ha stregato!
Questo libro credo sia tra i più belli letti questo anno… ecco, le mie impressioni!



"La vita che ci passano è vuota. Tocca a noi metterci dentro la parte della felicità."

Questa è una lettura che mi ha "ipnotizzato", mi ha preso per mano tra le sue pagine e mi ha avvolto come in una calda coperta. 
Il libro di Ford non è un divertissement letterario, è un libro corposo, ricco di pensieri e riflessioni, l'opera di uno scrittore maturo e consapevole di quello che scrive, un'opera completa e per certi versi epica nel suo minimalismo! Insomma, un libro come capita di leggerne pochi!

Non conoscevo questo autore, mi ci sono avvicinata dopo averne sentito parlare molto bene proprio in relazione a questo suo ultimo romanzo.
Ford è un autore americano contemporaneo, originario del Mississippi e autore di opere che in Usa hanno vinto premi prestigiosi come il Pulitzer e il PEN/Faulkner per la narrativa (http://it.wikipedia.org/wiki/Richard_Ford). Un autore molto conosciuto oltreoceano in cui io finora non mi ero mai imbattuta. 
È stata una vera scoperta, credo che cercherò qualche altro libro e lo leggero con grande curiosità. Per certi versi, per il suo minimalismo, il suo soppesare le parole e per le sue riflessioni mi ha ricordato Murakami, altro autore contemporaneo capace di regalare al lettore grandi emozioni che durano nel tempo. 

Se in libreria vi imbattete in questo libro, non fatevi ingannare dalle parole di Niccolò Ammaniti sul retro di copertina! Questo romanzo non tratta della provincia americana e degli adolescenti degli anni'60! Certo, gli anni in cui il romanzo si svolge sono quelli, il protagonista è un adolescente che vive in provincia, ma dentro le pagine di Ford c'è tutto un mondo che le parole di Ammaniti non descrivono neanche da vicino!

Questo libro dichiara fin dalla prima riga i suoi intenti, mette, per così dire, le carte in tavola: "prima di tutto parlerò della rapina commessa dai nostri genitori. Poi degli omicidi, che avvennero più tardi." Questa è la dichiarazione d'intento del protagonista, Dell, un ragazzino di quindici anni che racconta i fatti delll'estate del 1960, quella che gli segnò la vita e gli fece cambiare la sua prospettiva del mondo. Tutto quello che noi sapremo in seguito è contenuto in quelle due righe, una rapina e degli assassini, i fatti con i quali Dell dovrà venire a patti per poter crescere e diventare il professore di sessantasei anni che racconta in prospettiva e a cinquant'anni dai fatti quanto è successo.
Nel 1960 Dell è un ragazzo introverso e riflessivo, che ama lo studio, gli scacchi, sogna di diventare apicoltore e soffre per lo sradicamento a cui lo costringono i genitori. Il padre è infatti un ex aviatore della seconda guerra mondiale, che lavora nelle basi militari e che costringe la famiglia a continui spostamenti da una cittadina americana all'altra. La madre è un'insegnante ebrea che cova molto risentimento nei confronti del marito, una donna che si ritiene colta e di vivere al di sotto delle proprie capacità, si sopravvaluta ma non fa concretamente niente per migliorare. Si è accontentata di un matrimonio con un uomo con cui non condivide nessun interessi a parte i figli, un uomo che ella disprezza ma che senza il quale vivrebbe una vita ancora più miserabile. 
Dell ha una sorella gemella, Berner, dal carattere impetuoso e ribelle, che scalpita per andarsene di casa e vivere indipendentemente la propria vita. Dell e Berner sono il rovescio della stessa medaglia, riflessivo lui e selvaggia lei.

Nel trascorrere sonnacchioso della vita di questa famiglia, ora di stanza in una cittadina del Montana che i ragazzi sentono estranea e ostile, irrompe un elemento che svonvolge e distrugge la famiglia: i genitori commettono e sono condannati per una rapina ad una banca del Nord Dakota. 
Sono due persone normali, due anonimi individui medi che, da un giorno all'altro, si trasformano in rapinatori, spinti dal sogno del padre di Dell di essere una persona straordinaria, uno di quei personaggi alla Bonnie e Clyde di cui sente parlare nei cinegiornali che vede quando porta il figlio al cinema. Il padre in questo è un inetto senza precedenti, un egoista che bada solo a se stesso e parla per massime filosofiche che non hanno appiglio con la realtà. 
E così dopo che i genitori sono stati imprigionati e condannati, i due ragazzi si ritrovano soli, a dover ritrovare la vita che hanno perduto.
Il punto di vista che Ford sceglie di descrivere è in questo molto particolare, egli sceglie di descrivere tutta la vicenda dal punto di vista del figlio del rapinatore, cosa molto insolita. Di solito si parteggia per i poliziotti che cercano i criminali o per i criminali stessi, non si pensa mai ai famigliari e a cosa rimane delle loro vite dopo che, chi ha commesso il delitto non vive più con loro.

"I miei genitori erano sempre gli stessi, sotto gli indumenti carcerari: mio padre alto, benché dimagrito, ma bello [...]; mia madre impaziente, risoluta e intensa. Eppure non avevano più, ai miei occhi, un'aria propriamente familiare. Nulla di ciò che era accaduto apparteneva alla normalità. I cambiamenti che avevano subìto, dentro e fuori, sfidavano ogni idea che avevo di familiare. Sembravano due persone che conoscevo, e che rivedevo da lontano, attraverso un abisso incolmabile, molto più grande del confine che da allora ci separava. Potrei dire che la loro intima familiarità come genitori, e la loro comune, generalizzata umanità, si erano fuse, e una qualità aveva neutralizzato l'altra rendendomeli né completamente familiari né completamente estranei e indifferenti. [...] per me erano diventati qualcosa di simile a un mistero, un mistero che dividevo (ne sono certo) con gli altri figli innocenti di criminali. Saperlo non implicava che li amassi di meno."

Questo fatto sarà il cardine su cui girerà tutta la vita dei due fratelli e produrrà in loro reazioni opposte. Mentre Berner deciderà di scappare e vivere una vita selvaggia ma avara di vere soddisfazioni, diventerà una ragazza perduta marchiata a fuoco dal fatto criminoso commesso dai genitori, Dell decide di affidare la sua vita alla madre, che prima di essere arrestata aveva pianificato per lui la fuga in Canada per non essere rinchiuso in un orfanotrofio. 
Ora la narrazione si concentra esclusivamente su Dell e sulle sue riflessioni di figlio abbandonato a se stesso in un paese estraneo e sconfinato come il Canada. Egli arriva in un pugno di paesini semi deserti, accolto da persone dure e di poche parole come un métis (discendente da un matrimonio tra un nativo americano e un franco-canadese) dalla dubbia reputazione e un albergatore, Arthur Remlinger, anch'egli un esiliato americano ambiguo e di poche parole.
In questi spazi sconfinati, in quasi completa solitudine, Dell dovrà imparare a superare il trauma per quello che i genitori hanno fatto condizionandogli l'intera esistenza. In questa seconda parte non accadono molte cose, tutto ciò che succede è interno al protagonista, sono le sue piccole azioni quotidiane a diventare avventure, le sue riflessioni a diventare protagoniste delle pagine.
In questo l'ambiente canadese è protagonista. Il Canada del titolo diventa un personaggio del romanzo, non è tanto un luogo geografico, quanto un luogo di confine, un luogo dell'anima dove la solitudine aiuta l'animo a lenire le proprie ferite. Molto importante è il tema chiave del confine: tutti i personaggi attraversano dei confini, veri e metaforici. I genitori oltrepassano il confine tra l'essere una persona qualunque e l'essere un criminale. Dell non oltrepassa solo fisicamente il confine tra Usa e Canada, ma passa da una vita anonima ad una segnata dalle azioni dei genitori, deve venire a patti con lo sconvolgimento che i due hanno provocato alla sua vita e ripartire. Egli è una vittima degli eventi ma deve prendere in mano la sua vita per ripartire.
Sappiamo fin dall'inizio che c'è la farà e diventerà un professore alle soglie della pensione che dopo molti anni  cercherà di comprendere quanto gli è successo in quell'estate del 1960. Perché quello che qui conta non sono tanto i fatti veri e propri, in realtà pochissimi, ma il mondo interiore dei personaggi, quel confine, quel Canada dell'anima che li fa essere criminali o persone normali, perché la normalità e l'essere fuori legge sono strettamente correlate. 

"Il preludio a cose molto brutte può essere ridicolo, come diceva Charley, ma può anche essere casuale e insignificante. Cosa che merita di essere riconosciuta, perché indica il punto da cui possono originari eventi disastrosi: a un pelo dalla vita di tutti i giorni."

Se vi interessa conoscere un'altra opinione riguardante questo meraviglioso romanzo vi consiglio il commento di questa bravissima e acuta youtuber:  http://www.youtube.com/watch?v=OuRMsBtYNLk

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