Il sogno di essere un americano a tutti i costi: Amity Gaige - "Il sogno di Schroder"

 ..."non sopportavo più il modo in cui, ogni volta che mia figlia se ne andava, dal mondo sembrava sparire il vento. Quando Meadow se ne andava, i cortili, i parchi, le strade di Albany sprofondavano nella desolazione. La vita di allontanava dalle cose."

"Il sogno di Schroder" di Amity Gaige, giovane autrice americana classe 1972 al suo terzo romanzo, il primo tradotto in italiano,  riesce in un'impresa quasi impossibile: far provare simpatia e immedesimazione nei confronti di un protagonista abulico, recidivo, depresso e totalmente "fuori legge".

La vicenda raccontata è dolorosa: un padre racconta in un memoriale da usare come sua estrema difesa nel processo nei suo confronti, il fallimento personale e matrimoniale che lo hanno portato ad una dura battaglia legale con la moglie per l'affido della figlia Meadow di sei anni e al conseguente rapimento della ragazzina da parte dell'uomo. 
Tutto è già accaduto. Sappiamo fin dall'inizio che il gesto eclatante del protagonista sarà servito solo ad allontanarlo ancora di più dagli affetti che vorrebbe disperatamente recuperare; ma siamo ugualmente curiosi di sapere cosa egli ha da dire in sua difesa, una difesa disperata e senza speranze, come la sua stessa fuga, dettata dall'amore nei confronti della figlia, un affetto che sconfina nella malattia e nel patologico, tanto che molti critici americani hanno trovato una somiglianza tra quest'opera e la "Lolita" di Nabokov.

Di certo l'approccio ad un romanzo del genere non è semplice.
Lo stile della Gaige è però così lirico, intenso, appassionato da far infatuare anche il lettore più scettico di questo padre distrutto, depresso, bugiardo.

Tutta la vita del protagonista Eric Kennedy - Schroder - si basa sulla menzogna. Schroder è infatti il vero cognome del protagonista, che egli ha  nascosto fin da ragazzino, celando a tutti le sue origini tedesche, i ricordi legati all'abbandono della madre, alla Berlino Est della Cortina di Ferro. Ha cercato di allontanare da se i ricordi della fuga dalla sua città d'origine insieme al padre burbero e di poche parole, fino al suo arrivo negli Stati Uniti, alla sua nuova vita. Schroder, ragazzino determinato a diventare un vero americano, si è inventato un altro se stesso e ha vissuto fino a questo momento la sua vita alternativa, non rivelando mai a nessuno la sua vera identità, neanche alla moglie che pure professa di amare così intensamente. Addirittura ha millantato di essere lontanamente imparentato con i Kennedy
"Volevo il cognome di un eroe e c'era un solo uomo che, secondo quanto si sentiva in giro, veniva considerato tale", il più americano e prestigioso di tutti i cognomi. Eric si costruisce un passato fittizio che ricorda un po' la falsa identità di Jay Gatsby nel "Grande Gatsby" di F.S. Fitzgerald e forte di quel cognome frequenta il liceo e l'università, allontanandosi non solo idealmente ma anche fisicamente dalle sue origini e dal padre, che dimenticherà completamente, almeno fino alle ultime pagine del libro. 

"Come mai tutti si bevvero la mia storia? Lo sa Dio. Io posso solo dire che eravamo nel 1984. Allora ci si poteva iscrivere alla previdenza sociale per posta. Le banche dati non esistevano. Le carte di credito ce l'avevano solo i ricchi. Le ultime volontà venivano conservate in una cassetta di sicurezza, insieme ai soldi arrotolati a formare un cilindro corto e tozzo. Non esistevano le tecnologie dell'onniscenza, che del resto non voleva nessuno. Eri chi dicevi di essere. E io ero Eric Kennedy."

Eric Kennedy pensa che tutto gli andrà alla grande ma non ha fatto i conti con la Vita, con i rapporti umani, con un matrimonio in frantumi e con la battaglia legale per avere il diritto di vedere la figlia Meadow. Sa solo ripiegarsi nella sua conclamata depressione e invece di alzarsi e lottare da uomo sceglie la strada più facile (e più sciocca): la fuga verso il confine canadese - parte che mi ha ricordato tanto il lirico "Canada" di Richard Ford - fregandosene di tutto e tutti, perfino di se stesso e della figlia, che ama profondamente, quasi idealizzandola e esaltandone le qualità. In fondo invece Meadow è solo una ragazzina spaventata che ama entrambi i genitori e vorrebbe poter vivere serenamente con entrambi.

Nonostante tutto ciò Eric riesce ad essere una tenera canaglia, un personaggio per cui si sente un profondo affetto, lo si vorrebbe abbracciare rassicurandolo che andrà tutto bene.

È questa la forza della narrazione di Amity Gaige, autrice da tenere d'occhio, che riecheggia nello stile e nelle influenze la grande tradizione del romanzo americano contemporaneo.


"Dicono che la recessione indusse la gente a guardarsi dentro. Senza lavoro, le persone tutto a un tratto avevano il tempo di contemplare il tessuto della loro anima. Tipi che per decenni si erano abbruttiti di lavoro, tutto a un tratto si mettevano a fare il pane in casa, a leggere poesie, a disegnare mandala con la sabbia, a porre domande profonde a preti e rabbini. Non sto dicendo che la recessione fu una buona cosa per noi. Dico solo che cercammo di fare buon viso a cattivo gioco."

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