Isaac Marion - Warm Bodies



Dopo i vampiri sembra che adesso vadano di moda gli zombie, come testimoniano i numerosi film sull'argomento che stanno o sono già usciti nelle sale. Così un po' incuriosita da questa nuova ondata di mostri in versione romantica mi sono avvicinata a questo libro.
L'argomento non è tra quelli che amo di più, gli zombie non mi stanno molto simpatici, è difficile provare empatia per esseri morti, che non parlano e si muovono a scatti. A loro ho sempre preferito la classica figura del vampiro con il suo fascino sensuale e, diciamocelo, decisamente sessuale. Inoltre, credo di non aver mai letto un romanzo sui morti viventi, tranne Pet Semetary di Stephen King, ma in quel caso ci troviamo di fronte ad un livello di narrativa irraggiungibile.

Lo stile di Warm Bodies è accurato, figurativo ed evocativo e l'inizio devo ammettere che è davvero folgorante:

"Sono morto, ma non è poi così male. Ho imparato a conviverci. Mi spiace di non potermi presentare come si deve, ma non ho più un nome. quasi nessuno di noi ce l'ha. Smarriti come chiavi di automobili, dimenticati come anniversari. Il mio credo cominciasse per "R", ma è tutto ciò che so.  La cosa buffa è che, fintanto che ero vivo, non facevo che dimenticare i nomi degli altri. Il mio amico "M" dice che uno dei paradossi dell'essere uno zombie è che è tutto buffo, ma non puoi ridere, perché le labbra si sono putrefatte."

Però… però… C'è qualcosa che non mi convince del tutto. Non riesco proprio ad appassionarmi al protagonista, lo zombie R., egli in fondo ha buone intenzioni e fa di tutto per riuscire simpatico e amabile, ma come si fa a provare profonda simpatia per questo morto in piena decomposizione che si ciba di uomini??? Questo aspetto l'ho trovato un tantino indigesto, per restare in argomento! ;)
E poi è fastidioso anche il fatto che egli salvi e si innamori proprio la ragazza a cui ha "mangiato" il fidanzato, è una situazione paradossale e tremenda se la si considera logicamente.

Anche l'ambientazione è davvero deprimente: un futuro post-apocalittico in cui i segni della civiltà si stanno velocemente perdendo, dove dominando i morti che camminano e gli uomini non possono fare altro che cercare un temporaneo rifugio in cittadelle fortificate, come lo Stadio, che diventano prigioni e luoghi dai quali la vita vera se n'è già andata e si può solo aspettare la morte che incombe tutto attorno.

Le cose non migliorano con l'avanzare della narrazione, con R. che entra in contatto con gli abitanti della città-stadio. Si fatica spesso a seguire il corso dei suoi pensieri, soprattutto quando ci vengono presentate le visioni mandategli dal ragazzo che ha mangiato, Perry Calvin, e che ha risvegliato la sua anima.  Queste parti sono solo abbozzate e spesso devo ammettere di avere perso il filo. I dissidi interiori degli umani, su tutti la protagonista Julie, la sua amica Nora e il generale a capo della città, il padre di Julie, sono solo accennati, senza che vengano scandagliati a fondo e compresi. Alla fine non si vede l'ora di arrivare alla fine e la noia incombe.

Ora mi auguro solo che da un oggetto così imperfetto ne sia almeno uscito un film godibile almeno quanto il suo trailer cinematografico, simpatico ed accattivante, che per primo mi ha fatto avvicinare al romanzo di Marion.
Una cosa ormai però la dò per certa: mai mai mai fidarsi di un libro che riporta sulla copertina una frase di lancio attribuita a Stephenie Meyer ("Non avrei mai immaginato di potermi affezionare così tanto a uno zombie"), che continua a far danni all'editoria e a fare promozione a prodotti scadenti come i suoi stessi romanzi!




"Il mio "cuore". Questo organo pietoso rappresenta ancora qualcosa? Giace immobile nel mio petto, senza pompare una goccia di sangue, totalmente inutile, eppure i miei sentimenti sembra non abbiano smesso di nascere tra le sue gelide pareti, La mia tristezza smorzata, il mio vago bramare, i rari scatti di gioia. Stagnano al centro del mio petto e di lì trasudano, diluiti e deboli, ma reali."

"<<Dovresti sempre fare foto, se non con la macchina fotografica, con la tua mente. I ricordi che conservi di proposito sono sempre più vividi di quelli catturati per caso>>. 

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