Walter Tevis - L'uomo che cadde sulla Terra

Queste sono le mie impressioni su un libro che tenevo in libreria da tanto, un libro comprato sulla scia della mia passione per David Bowie e che ho letto solo poche settimane fa.
Un romanzo indimenticabile, triste, nostalgico.

Autore: Walter Tevis
Titolo: L'uomo che cadde sulla Terra
Casa Editrice: Minimum Fax, 2006
Traduzione: Ginetta Pignolo
Pagine: 231
Prezzo: € 9,50 






Scrivere le mie impressioni su un libro come questo non è semplice, facile scadere nel banale o nello scontato, perché questa opera di fantascienza, almeno in superficie, è molto di più di un semplice romanzo su un extraterrestre che piomba sul nostro pianeta, è una riflessione sulla stessa natura dell'umanità, sulla possibilità di scelta dell'uomo e sui suoi vizi. È un libro che anche dopo averlo finito ti rimane impigliato addosso e continua il suo lavoro, si continua a riflettervi e da questo capisci di aver letto una di quelle opere che non dimenticherai tanto facilmente anche a distanza di anni.

Per parlarne forse è meglio citare la prefazione all'opera di Valerio Evangelisti, che scrive un'affermazione forte ma appropriata per definire Walter Tevis, ovvero che "alcuni dei migliori romanzi di fantascienza sono stati scritti da non specialisti." E io includerei "L'uomo che cadde sulla terra" proprio tra questi.
Walter Tevis è un autore americano contemporaneo, misconosciuto ai nostri giorni, consumato dai dubbi e dal bere e che forse non ha mai creduto fino in fondo alle sue capacità narrative, uno che oltre a questo libro ha scritto opere come The Hustler (Lo Spaccone) e The Color of Money (Il colore dei soldi), conosciuti soprattutto per le pellicole cinematografiche che ne sono state tratte. Lo stesso "L'uomo che cadde sulla terra" è ricordato soprattutto per il film omonimo con protagonista un altro "alieno", della musica in questo caso, come David Bowie. (Qui il trailer http://www.youtube.com/watch?v=h2M23F0IICQ )

"Non era un uomo, eppure era molto simile a un uomo. […] Era un essere umano, insomma, ma non esattamente un uomo. Come gli uomini poteva provare amore, paura, intenso dolore fisico e un senso di autocommiserazione."

La trama è semplicissima: un solitario alieno, il sedicente Thomas Jefferson Newton, arriva sulla terra, che conosce attraverso oltre vent'anni di visione della nostra televisione. Egli proviene dal pianeta Anthea, dove il suo popolo, allo stremo dopo una guerra atomica che li ha decimati, sta tentando di salvarsi da una siccità che non lascia loro scampo. Newton costituisce la loro unica ed estrema possibilità di salvezza, ma egli è un alieno molto più umano di certi abitanti della terra e sarà preda dei vizi terresti e della sua stessa solitudine.

"Quella sera, dopo aver passato sei ore a discutere e a fare progetti, rimase per un bel pezzo sul balcone della sua stanza, a godersi il fresco guardando il cielo buio. Le stelle e i pianeti avevano un'aria strana, scintillavano nell'atmosfera pesante, e a lui piaceva osservarli in quelle posizioni poco familiari. […] Alla fine rientrò nella stanza. Sarebbe stato bello sapere qual era Anthea; ma non la sapeva riconoscere…"

Tutto il romanzo ruota attorno alla figura di questo alieno così umano, questo Newton che arriva sulla terra pensando di conoscere profondamente gli umani, forte di quello che ha visto in televisione, che riesce ad accumulare in poco tempo una fortuna e a diventare un milionario leggendario, ma che poi rimane preda della sua solitudine, della nostalgia per il suo pianeta di origine e finisce col trovare consolazione solo in un vizio poco alieno e molto terrestre come l'alcolismo.

"Non si ubriacava proprio allo stesso modo dei terrestri, o  almeno così credeva. Non desiderava di perdere conoscenza o di raggiungere uno stato di furiosa felicità o di potenza demiurgica: cercava soltanto un sollievo e non sapeva da che cosa. Non aveva postumi fastidiosi, per quanto bevesse. Era solo per la maggior parte del tempo. Gli sarebbe stato difficile non bere."



Molte interpretazioni sono state date di questo alieno, tutte legate soprattuto alla pellicola omonima. 
Alcuni hanno voluto vedere nella figura di Newton una sorta di nuovo Cristo, venuto tra noi per salvare sia gli umani che il suo stesso popolo e destinato quindi alla Passione, rinchiuso in una cella da CIA e FBI che indagano sulla sua dubbia origine. 
Allo stesso tempo si è voluto leggere una critica ai due partiti americani, repubblicano e democratico, soprattuto nella parte che vede Newton rinchiuso, imprigionato e interrogato. 
Oppure egli potrebbe anche rappresentare la purezza corrotta giorno dopo giorno dal male.

Credo che nessuna interpretazione sia totalmente giusta o sbagliata. Ognuna rappresenta un modo per interpretare un romanzo tanto complesso nella sua linearità. 
Probabilmente Newton è più simile di quanto si pensi al suo stesso autore. Ha in se tutti i vizi e le paure del suo creatore. Allo stesso tempo è un essere completamente solo, in un mondo che non conosce così bene come pensava, un mondo che non è il suo e che lo costringe a prendere medicine per sopportare la forza di gravità che lo rende dolorante e spezza le sue fragili ossa aliene. È un essere semplice chiamato a compiere una missione più grande di lui, una missione che lo schiaccia e per la quale forse non è mai stato all'altezza. 
Newton è così isolato e debole che finirà per sentire l'assoluta necessità di confessare la sua origine a qualcuno, perché il suo segreto ormai gli pesa troppo e non riesce più a tenerlo per se.

La parabola di questo alieno è così toccante e umana da diventare esemplare di una fragilità tipicamente umana, molto simile alla nostra fragilità e per questo ancora più commovente.

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