Richard Flanagan e la mia esperienza con "La strada stretta verso il profondo nord"

Il libro di Flanagan è uno di quei libri che non vanno presi alla leggera; richiede calma, dedizione, attenzione, riflessione. Di certo è tutto fuorché una lettura d'evasione. Per quanto mi riguarda più che una semplice lettura lo definirei un'esperienza, perché ho incontrato sia le più belle ed evocative pagine che io abbia mai letto, sia le più dure e respingenti. Insomma è stata una centrifuga di emozioni contrastanti, di ammirazione, sogno ad occhi aperti e pianto, talvolta anche a fiumi...sì...perché sono una persona molto sensibile e letture come questa mi emozionano troppo!
Con questo libro mi è successa una cosa che non mi era mai successa prima. Ovvero, una mattina sono andata a fare colazione in un bar portandomelo dietro perché sentivo il bisogno di immergermi nelle sue pagine, perché mi sembrava di non avergli dedicato ancora l'attenzione che meritava...insomma, ho iniziato a leggere e il libro mi ha letteralmente risucchiato tra le sue pagine, tutto ciò che mi stava intorno, le persone, le voci, sono scomparse e siamo rimasti solo io e le parole dell'autore. È stato questo il momento in cui ho iniziato a capire di trovarmi di fronte ad un libro che porterò per sempre nella mia vita.

Ma veniamo ad alcuni dati:
Richard Flanagan è un autore australiano originario della Tasmania dove è nato nel 1961.
E' considerato uno dei più grandi autori australiani contemporanei. Tutti i suoi precedenti romanzi sono stati acclamati dalla critica e questo in particolare ha vinto il Man Booker Prize nel 2014.



Il romanzo ha per protagonista il medico tasmaniano Dorrigo Evans, fatto prigioniero dai giapponesi durante la Seconda Guerra Mondiale è costretto a lavorare nella giungla del Siam (l'odierna Thailandia) alla "Ferrovia della Morte", una linea ferroviaria che avrebbe dovuto congiungere il Siam alla Birmania per permettere ai giapponesi di invadere l'India e vincere la guerra.

Il libro è in parte autobiografico ed è ispirato alle vicende del padre dell'autore che fu davvero fatto prigioniero dai giapponesi e costretto a lavorare a quella linea ferroviaria chiamata Burma Railway da costruire in un ambiente come la giungla, totalmente ostile, e dove tantissime persone  di diverse nazionalità (inglesi, australiani, americani, olandesi) morirono a causa della denutrizione, delle malattie, degli incidenti dovuti alle fatiche e ai maltrattamenti dei giapponesi.

La prima parte del libro, ovvero le prime 70 pagine, vi terranno a distanza dal cuore stesso del romanzo, come se Flanagan vi dicesse che per entrare davvero nel centro del suo romanzo bisogna dargli fiducia e riuscire a proseguire.
In queste pagine c'è tanta frammentazione, il lettore fatica a mettere a fuoco i diversi piani narrativi che continuano ad intrecciarsi e che ti confondono perché ancora non si conoscono bene ambienti e personaggi.
Volendo schematizzare i piani narrativi sono:
* Dorrigo, prima soldato della Seconda Guerra Mondiale e poi prigioniero di guerra che costruire la ferrovia in Thailandia.
* Dorrigo adulto che tradisce sistematicamente la moglie e che riflette sulla sua vita presente e sul passato.
* Dorrigo giovane medico che incontra per caso una donna della quale si innamorerà perdutamente.

In questa prima parte il protagonista ci parla anche della sua infanzia e della sua crescita in Tasmania ed è qui che si colloca una delle pagine più belle che io abbia mai letto: Dorrigo è nel cortile della scuola che frequenta e vede per la prima volta dei compagni che giocano a rugby. La palla vola alta nel cielo e si staglia contro la luce del sole, Dorrigo spicca un balzo e inaspettatamente riesce a predendere la palla. Un'azione semplice ma che l'autore descrive con parole quasi magiche e l'immagine resta fissata negli occhi del lettore.

In questa prima parte l'autore chiama sempre il protagonista per nome e cognome, ovvero Dorrigo Evans, volendo indicare il personaggio pubblico e conosciuto, il reduce dai campi di prigionia. Dorrigo Evans si scontra con l'altro nome del protagonista, Dorry, cosi lo chiama la donna amata, che indica la sfera più privata e personale del personaggio.

La seconda parte è il centro romantico che permette di addolcire una vicenda altrimenti molto dura da affrontare. Anche qui è contenuto uno dei momenti salienti del romanzo, l'incontro con la donna dal fiore rosso tra i capelli, ovvero Amy, la giovane il cui ricordo saprà sostenere il protagonista durante i lunghi anni di prigionia.
Dorrigo si trova in una libreria e la luce del sole che entra da una finestra inonda di luce e pulviscolo i libri posti sugli scaffali. Una donna che lui non conosce gli si avvicina e gli rivolge la parola. La donna ha questo fiore rosso tra i capelli e il suo volto è in parte colpito dalla luce del sole e dalla particelle che fluttuano nell'aria e che solo il sole rende visibili. È di questo volto imperfetto inondato di luce solare che Dorrigo si innamora.

La partenza improvvisa del protagonista per il fronte, rende ancora più crudele il distacco da questa donna che egli ama immensamente e rendono le pagine successive, che costituiscono il nucleo vero e proprio del romanzo, le più dure e difficili che io abbia mai affrontato. Ci sono state parti così intense e difficili che ho dovuto saltare per impedirmi di stare troppo male, parlo in particolare della morte di Jack Rainbow, un compagno di Dorrigo.
Le paragonerei solo a certi passi di "Se questo è un uomo" di Primo Levi per la valenza di documento riguardante una vicenda storica su cui dovremmo prendere coscienza e che è fondamentale non dimenticare.
In questa terza parte il tono cambia totalmente. Il sentimento e il romanticismo che avevo incontrato nelle pagine che raccontavano l'amore tra Dorrigo e Amy, lasciano il posto ad un racconto corale dove Dorrigo è protagonista tanto quanto gli altri suoi compagni prigionieri. Perché tutti condividono lo stesso duro destino, tutti insieme e il lettore con loro, affondano i piedi ulcerati nel fango della giungla, tutti sono bagnati fin nelle ossa dall'implacabile pioggia monsonica.
In questo ambiente l'uomo Dorrigo è una figura che vive solo nella mente del protagonista; nei suoi pensieri egli è fragile, piange per gli affetti che ha lasciato e per le crudeltà a cui è costretto a sottoporre i suoi uomini malati ma costretti a lavorare. Questo personaggio stride con l'immagine pubblica del "Grande Uomo" che i suoi uomini percepiscono. Il grande uomo è il medico forte, capace e con grande presenza di spirito che infonde loro la forza per continuare ad affrontare la prigionia. Questo grande uomo esiste solo nella mente dei prigionieri ma è ciò che da loro la forza per resistere.
In questo inferno la linea che divide prigionieri e carcerieri è labile e sottile. I giapponesi mi sono apparsi, nonostante la ferrea disciplina che impongono ai prigionieri, loro stessi delle vittime del sistema che impone loro la fedeltà totale all'imperatore, nonostante le richieste di far lavorare anche gli uomini malati siano assurde.



E forse è proprio per la decisione dell'autore di sospendere la colpa nei confronti dei giapponesi per le crudeltà perpetrate nei confronti dei prigionieri che Flanagan ha deciso di intitolare il romanzo ispirandosi ad un haiku di un famoso autoreo giapponese.
L'haiku è un componimento nato in Giappone nel XVII sec. composto da soli tre "versi".
Questo tipo di componimento introducono le diverse parti in cui è diviso il romanzo.
Uno dei maggiori esponenti di è Matsho Basho, e una delle sue poesia si chiama proprio "La strada stretta verso il profondo nord".

La parte finale si concentra sul ritorno alla vita normale da parte dei sopravvissuti ma non ci sono né vincitori né vinti. Tutti, carcerieri e prigionieri, si trovano ad affrontare un vuoto immenso che li spinge ad elaborare a proprio modo le vicende vissute. Dorrigo, divenuto famoso come reduce di guerra, si sente profondamente solo, un guscio vuoto, e cerca di riempire questo vuoto saltando da una donna all'altra e tradendo la moglie che gli è fedele da sempre.
Il generale giapponese cerca di convincersi di essere un uomo  buono e di essere stato buono anche in quei campi di prigionia perché non poteva comportarsi diversamente da quanto gli era stato insegnato e che gli veniva richiesto dalla disciplina giapponese.

Insomma, questo non è un romanzo, è un'esperienza che unisce amore e morte, pubblico e privato, prigionieri e carcerieri ed è uno dei più alti esempi di letteratura contemporanea che abbia letto ultimamente.

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