"Bellezza è terrore. Ciò che chiamiamo bello ci fa tremare." Donna Tartt - Dio di Illusioni

Una recensione su cui ho riflettuto tanto, un libro che mi ha colpito profondamente in questo inizio di anno… 

"<<La morte è la madre della bellezza>> disse Henry.
<<E cos'è la bellezza?>>
<<Terrore.>>"

Donna Tartt…Un nome che fino a qualche settimana non mi avrebbe detto niente. Ora credo sia entrata prepotentemente nella mia rosa di autori preferiti di cui desidero leggere tutto quanto ha scritto e scriverà!
Donna Tartt è un'autrice americana contemporanea che ha la particolarità di aver scritto soli tre romanzi in vent'anni. Il suo ultimo lavoro, "The Goldfinch" ("Il cardellino") da noi in Italia è ancora inedito e uscirà probabilmente nella tarda primavera 2014.
"Dio di illusioni" è il suo primo romanzo, datato 1992, e pubblicato grazie all'intercessione dello scrittore Brett Easton Ellis, suo compagno di college, che raccomandò il manoscritto ad un agente letterario.
In Italia si scelse di pubblicarlo con il titolo originale, mentre negli Usa fu pubblicato con il titolo "The Secret History" che credo tolga un po' di fascino ad un'opera magistrale e indimenticabile.
Sì, perché Dio di illusioni fa parte di quel genere di libri che più amo, ovvero quelli che svolgono il loro compito piano piano; opere corpose, con personaggi così ben delineati che ti appaiono davanti agli occhi e che ti sembra di conoscere realmente, su cui finisci per arrovellarti nei momenti morti o quando fatichi ad addormentarti e ci pensi e ripensi, riflettendo sulle azioni dei personaggi e facendoti mille domande sul loro conto.
La domanda è: perché non mi ero mai imbattuta in questa autrice? Perché nessuno mi aveva mai parlato di questo libro? 
Per questo devo ringraziare Ilenia, una puntuale e attenta youtuber che ne ha parlato in un video (http://www.youtube.com/watch?v=EAiVFhyaRFI) e mi ha fatto conoscere il suggestivo mondo di questa autrice. 

Riassumendo la vicenda:
Richard Papen, un ventenne californiano, viene ammesso in una esclusiva università del Vermont, in un ambiente del tutto diverso da quello della costa occidentale a cui egli è abituato. Qui, grazie ad una serie di circostanze, riesce ad entrare in un gruppo esclusivo di giovani che si dedicano assiduamente allo studio delle materie classiche, del greco in particolare. Questi ragazzi esercitano su di lui un fascino tentacolare perché, a differenza di Richard, sono apparentemente ricchi, abbienti, in certo qual modo aristocratici. In realtà  non sono pero' così innocenti e dediti allo studio come appaiono ad un occhio esterno. Sono infatti complici di un orribile gesto che li porterà a compierne un altro altrettanto abbietto.

Raccontata così la storia può apparire già sentita, semplice, forse perfino trita.
Di certo si inscrive nell'ambito della camp novel, il romanzo ambientato in un college con un gruppo di ragazzi inclini all'alcol, alle droghe e alle azioni illecite. In questo mi ha ricordato tanti altri romanzi del genere, cito tra tutti Cercando Alaska di John Green. 
Dobbiamo però tenere bene a mente che il romanzo ha vent'anni e per quel periodo non era poi così scontato scrivere un'opera ambientata in un college con dei giovani assassini come protagonisti.
Lo stesso dicasi per l'incipit: Donna Tartt decide di metter subito le carte in tavola (e in questo l'espediente è lo stesso usato recentemente da Richard Ford in Canada) e informare il lettore di quanto hanno commesso i ragazzi, ovvero l'assassinio a sangue freddo del loro compagno Edmond "Bunny" Corcoran, fatto cadere da un burrone in un pomeriggio di primavera e disperso per circa dieci giorni dopo una nevicata fuori stagione. 
Ecco perché non è giusto definire Dio di illusioni un thriller, così come sbandierato sulla copertina, sarebbe più giusto definirlo "a murder mistery in reverse" come lo definisce il critico A. O. Scott (fonte Wikipedia). 
Per tutte le successive cinquecento pagine noi sappiamo già cosa succederà a Bunny, ma ciò che importa non è sapere chi lo ha ucciso, ma i retroscena del delitto, le motivazioni che hanno portato a quel gesto e come i personaggi vanno avanti dopo l'omicidio.

"Ero leggermente stordito dalla forza della sua personalità [...]. I suoi studenti - se incarnavano in parte l'esito delle sue cure - spiccavano abbastanza e, pur diversi tra loro com'erano, condividevano una certa freddezza, un crudele, manierato fascino non del mondo moderno, spirante bensì uno strano, gelido fiato proveniente da quello antico: erano creature magnifiche; quegli occhi, quelle mani, il loro aspetto... Li invidiavo e li trovavo attraenti; inoltre quella strana qualità, lungi dall'esser naturale, per ogni segno appariva intensamente coltivata. [...] Artefatto o meno, io volevo essere come loro. Ero pronto a credere che tali qualità fossero acquisite e che, forse, quello era il modo per impadronirmene."

Pensando a questo gruppo di giovani l'aggettivo che per primo mi è venuto in mente per descriverli è "decadente". Sembrano dei piccoli aspiranti bohémienne, affascinati dal lusso, indolenti e alla ricerca di un espediente per dar sfogo alla loro insoddisfazione interiore. Vivono in un microcosmo, separati dagli altri studenti del college con i quali entrano in contatto solo raramente e in modo superficiale, bastano a loro stessi, sono un gruppo chiuso e prestigioso che ammette un nuovo membro, il narratore Richard, dopo una sorta di prova di ammissione, la conoscenza del greco, lingua morta che essi usano correntemente nelle conversazioni come fosse un codice di apparenza  e che serve loro per parlare in modo segreto in presenza di altre persone estranee al gruppo.
L'anello che tiene unito il gruppo è il professore Julian Morrow, un elitario e ambiguo studioso che è il responsabile di questo loro estraniarsi dal mondo. Egli è ambiguo perché a sua volta non ha contatti con gli altri professori e vive in una gabbia dorata, il suo studio, attorniato dai libri e dai suoi alunni-discepoli. Egli vorrebbe plasmarli a sua immagine e somiglianza e appare molto dissoluto nel coprirli, nell'aiutarli a celare il loro primo delitto, esaltando perfino l'impresa, salvo poi abbandonarli a loro stessi. Julian è quasi una figura mitica. Di lui si racconta che un tempo è stato amico di celebrità, magnati, ha influito sull'intera cultura americana, è perfino stato tutore di una principessa. Non si saprà mai chi è o è stato veramente, egli qui funge da burattinaio, tirando i fili e spingendo i suoi alunni a fare ciò che egli non ha il coraggio di fare e sparendo dal romanzo per molte pagine, ricomparendo solo verso la fine.

Passando a parlare dei giovani protagonisti, credo che sia meglio partire dal protagonista e voce narrante, Richard Papen. Egli è un ragazzo californiano proveniente da una famiglia borghese del tutto assente, che non si cura di lui e lo tratta come un peso. Dopo le prime pagine i genitori spariscono del tutto dalla vicenda, Richard li ricorda solo di tanto in tanto comunicando al lettore la sua insofferenza al pensiero di tornare da loro, rischia addirittura la vita per non dover far ritorno da due persone più interessate a loro stesse che a sapere se il figlio sta bene. Da parte loro non arriva mai una telefonata, un regalo o un gesto di affetto. Penso sia proprio questa freddezza che spinge il ragazzo a cercare un surrogato di famiglia, individuata nel gruppo  che frequenta l'esclusivo corso di lettere classiche del professor Morrrow! Egli fa di tutto per farvi parte, fino a diventare loro complice nel delitto di Bunny, benché sia stato per lui un buon amico e il suo maggior sostenitore perché entrasse nel gruppo. Richard in questo è molto debole, non mostra carattere, segue pedissequamente gli altri e solo dopo prova rimorso e paura di essere scoperto e condannato. 

Questo gruppo di giovani vivono la loro esistenza dorata non entrando quasi in contatto con il resto dei ragazzi del college e, spinti dallo stesso Julian Morrow, credono che la vera vita, quella piena, che vale la pena di essere vissuta sia quella del mondo classico che essi studiano in modo così approfondito e quasi accanito. Vivono nel mito di un mondo che non esiste più e credono di poter sottostare solo alle regole di quel mondo e non a quelle del presente. Ecco allora la loro malsana idea di ricreare un baccanale (festa orgiastica di origine greca propiziatoria degli in occasione della semina e della raccolta delle messi) che avrà esiti estemi: i ragazzi persi nel loro delirio di visioni e droghe uccideranno una persona senza neanche rendersende conto e saranno poi pronti, quasi a cuor leggero, a fare fuori anche il loro sodale Bunny, l'unico che non ha partecipato, perché temono che possa rivelare a qualcuno quello che hanno commesso.

Bunny nel gruppo è il ragazzo giudicato dagli altri come più instabile, perché è vivace, pronto alla battuta, "casinaro". Uno scroccone nato che fa mostra delle sue ricchezze e del suo buon gusto senza poi voler spendere un soldo. E' l'elemento di disturbo del gruppo e come tale va eliminato a favore di una persona più docile e manovrabile come Richard. 
Gli altri facenti parte del gruppo sono: Henry Winter, la mente, il secondo burattinaio dopo Julian, colui ai quale gli altri guardano per avere consiglio e sapere come muoversi. E' il più inquietante, freddo, glaciale, non mostra mai un sentimento spontaneo. Egli e' anche profondamente ambiguo e verso di lui ho provato sentimenti ambivalenti: simpatia per lui quando salva Richard dal congelamento, profonda antipatia per come è capace di pianificare a sangue freddo l'omicidio di quello che fino a quel momento è stato il suo migliore amico, senza un rimorso, un senso di colpa anche piccolo. I gemelli Camilla e Charles, legati da un legame morboso e simbiotico, e Frances, ragazzo dichiaratamente gay, ipocondriaco e profondamente insicuro.
Di tutti stupisce come siano indifferenti alla morte dell'amico Bunny. Come si affannino nelle ricerche del giovane insieme al resto dell'istituto come se non fossero loro stessi i responsabili della sua scomparsa. Ci sono addirittura momenti della narrazione in cui sono così concentrati a cercarlo che il lettore è portato quasi a dimenticare che siano proprio loro gli autori del gesto.

"<<Abbiamo fatto una cosa terribile, d'accordo>> disse Francis all'improvviso. <<Ma insomma non abbiamo ucciso mica Voltaire. Eppure è vergognoso,mi sento male per l'accaduto...>>
<<Be', naturalmente anch'io>> aggiunse Henry,in tono pratico. <<Ma non abbastanza male da voler andare in prigione.>>"

Donna Tartt con questo romanzo ha creato un universo indimenticabile di giovani di belle speranze che andranno deluse. Un capolavoro che offre mille spunti su cui riflettere, tratteggiando personaggi difficili da dimenticare come le azioni che compiono. Un romanzo indimenticabile da leggere almeno una volta nella vita.

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