Kevin Powers - Yellow Birds

Kevin Powers riesce in un'impresa quasi impossibile: rendere poetica e lirica una cosa brutta, sporca, crudele come una guerra.
Le atrocità non sono edulcorate, dalle sue parole si riesce a percepire tutta la paura, l'orrore, l'inutilità di questo evento; allo stesso tempo esso è trattato in modo talmente delicato da toccare corde profonde dell'animo, come se si fosse stati davvero in quel deserto iraqueno, in quei villaggi sperduti, in quel frutteto, su quel tetto, tra quelle mura sbrindellate e crivellate di proiettili, come se la perdita di Murph fosse quella di un amico col quale avessi condiviso una vita intera. 

Questo è il merito di Powers, classe 1980, arruolatosi nell'esercito statunitense a soli diciassette anni e vero reduce della guerra in Iraq, che dopo essere tornato in patria ed essere stato congedato, ha dato una svolta alla sua carriera frequentando l'università alla Virginia Commonwealth University e diventando un poeta  riconosciuto e premiato - forse ciò che voleva essere da tutta la vita, come traspare anche dalle sue pagine - e scrivendo ora un libro d'esordio così toccante e profondo da commuovere. 

Ho tanto sentito parlare di questo romanzo ma per molti mesi me ne sono tenuta alla larga. L'argomento mi faceva paura. Posso guardare e leggere di tutto, dai vampiri, agli zombi, ai fantasmi, ma quando si tratta della realtà, quando si tratta di vedere o leggere di una guerra vera, reale, che vere persone hanno combattuto e combattono, l'orrore ha la meglio e preferisco mettere la testa sotto la sabbia e non vedere né sentire niente.
Infine mi sono decida, complice buonissime recensioni di tutti gli youtuber e i blogger in cui mi sia imbattuta...bene, devo dire che non ne sono rimasta delusa e tornerei a leggerlo ancora e ancora!

La trama è abbastanza semplice.
Bartle, un giovane soldato americano di ventun anni, parte per una missione in Iraq. Insieme a lui c'è un ragazzo più giovane, Murph, che egli ha promesso di proteggere e riportare a casa tutto intero. Purtroppo questo non avviene, Murph cadrà in una terra sperduta, e a Bartle non rimarrà altro che tentare un modo per venire a patti con il rimorso, con i fantasmi che la guerra ha instillato nel suo animo.

L'incipit è poesia pura e vale da solo tutto il resto del romanzo. Eccone una parte: 
(La guerra) "Provava ad ucciderei ogni giorno, ma ancora non le era riuscito. Non che la nostra incolumità fosse prestabilita. Non eravamo destinati a sopravvivere. In verità non eravamo destinati a niente. La guerra prendeva ciò che poteva. Era paziente. Non si curava degli obbiettivi, dei confini, del fatto che ti volessero bene in tanti o nessuno."

I capitoli incentrati sul conflitto iraqueno - siamo nel 2004 nella città di Al Tafar, un posto molto "caldo" e delicato, così come lo descrivere il sergente Sterling  "Una specie di palestra per gli haji. A volte diventa davvero un bel merdaio."-  si alternano a quelli ambientati tra il 2005 e il 2009 dopo che Bartle è tornato a casa e combatte contro i suoi demoni interiori.
Ciò che sappiamo fin dalle prime pagine è che Murphy non ce l'ha fatta, è rimasto vittima nel deserto iraqueno che richiede il suo tributo di vittime.

"Un istante non dura mai abbastanza da spiegare una tragedia, quando ti ci trovi in mezzo. Il lutto è un meccanismo pratico, e noi piangevamo solo chi conoscevamo. Chiunque altro morisse, ad Al Tafar, faceva parte del paesaggio, come se in quella città fossero stati piantati semi da cui crescevano cadaveri, nella terra o attraverso l'asfalto, come fiori dopo una gelata, prosciugati e appassiti sotto un sole splendente e gelido."

Quello che Powers ci comunica pagina dopo pagina è il modo in cui Murph muore, chi sono i responsabili della sua morte e come i suoi compagni potranno sopravvivere a quello che hanno vissuto.
Ma quest'opera è molto di più.
È una riflessione lunga circa 200 pagine sulla guerra, sulla sua ineluttabilità e inutilità. Fotografa un paese allo stremo, e dei soldati che la tv ci descrive come invincibili, sprezzanti del pericoli, devoti alla patria, mentre in realtà sono soltanto dei ragazzini spauriti (tutti i protagonisti, compreso il sergente che li guida hanno tra i 18 e i 24 anni), che uccidono per non essere uccisi a loro volta, che hanno firmato per entrare nell'esercito quasi inconsapevoli di ciò a cui sarebbero andati incontro, per un senso di rivalsa verso chi al liceo li prendeva in giro (questa la motivazione di Bartle), e ora si trovano in una situazione più grande di loro, che li fagocita e richiede da loro una fermezza di carattere e di spirito che non potranno mai avere.

"È che tu vuoi precipitare, ecco cosa. Pensi che così non puoi andare avanti. È come se la tua vita fosse in bilico sull'orlo di un burrone, e andare avanti sembra impossibile, ma non per mancanza di volontà, per mancanza di spazio. L'eventualità di un altro giorno sfida le leggi della fisica. E indietro non puoi tornare. Allora vuoi cadere, lasciarti andare, arrenderti, però non puoi. E ogni respiro te lo ricorda. E così via. "

È commovente il tentativo di Bartle di salvare un ragazzo come Murph che non conosce neanche tanto bene ma che, dopo la morte, diventa il centro del suo universo. Perché salvando Murph salverebbe anche se stesso, la sua vita precedente, la sua giovinezza, i suoi ideali. Invece la promessa si infrange contro l'atrocità del conflitto e a Bartle non rimarrà altro che rimuginare su quanto è successo e trovare un modo per andare avanti con questo peso che sempre porterà dentro. In qualche modo si può dire che, se Murph muore realmente, una parte dell'animo di Bartle muore con lui e rimane nel deserto iracheno. Egli e' per certi versi un morto che cammina, e' morto dentro dopo quello di cui ha avuto esperienza e niente potrà ridargli indietro la spensieratezza e la giovinezza, ne uno psicologo ne i vecchi amici.

Powers è capace di trattare una materia così difficile e delicata con un linguaggio poetico, visivo, lieve, che fa sgorgare le lacrime a più riprese. Lacera l'animo del lettore e crea un'opera indimenticabile. 
Una grande opera da portare nel cuore. 
Un autore esordiente da tenere assolutamente d'occhio!



"Forse avrei dovuto dirgli che avrei voluto morire, ma non nel senso di buttarsi da quel ponte lassù, più come se volessi addormentarmi per sempre, perché non si rimedia al fatto di aver ucciso delle donne, o di aver guardato uccidere alle spalle, e poi aver sparato ancora, più di quel che serviva per ucciderlo, e a tratti sembrava di voler uccidere tutto ciò che vedevo, perché era come se ti volasse dell'acido nell'anima, [...] però alla fine non conta, perché hai fallito nella sola cosa buona che potevi fare, è morta l'unica persona che avevi promesso sarebbe sopravvissuta, e hai visto ogni cosa morire in più modi di quelli che vorresti ricordare [...] e perfino ora che sei a casa [...] tutti sono così schifosamente felici di vedere te,l'assassinio, il fottuto complice, il depositario di una qualche cazzo di responsabilità minima, e tutti che vogliono darti pacche sulle spalle, e tu che ad un certo punto hai solo voglia di dar fuoco a tutto il cazzo di paese,vorresti bruciare ogni fiocchetto giallo che vedi, e non lo puoi spiegare, ma è come un grande "Vaffanculo", e però sei stato tu a voler firmare, per cui in effetti è solo colpa tua, ci sei andato di proposito, quindi alla fine sei fottuto due volte, e allora perché non trovarsi semplicemente un angolino dove stendersi e morire, e che sia una cosa il più indolore possibile, perché alla fine sei un vigliacco e la verità è che in questo casino ci sei finito per vigliaccheria, perché volevi fare l'uomo e gli altri ti prendevano in giro e ti spintonavano alla mensa e nei corridoi del liceo perché a te piaceva leggere i libri e le poesie [...] e sei troppo vigliacco per fare l'uomo davvero e ammazzarti, e allora perché non cercare un bell'angolino pulito e aspettare li, soffrendo il meno possibile, aspettare solo di addormentarsi e non svegliarsi mai più e vaffanculo a tutti quanti."



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