Consigli di lettura sotto l'ombrellone #2 - Luglio 2014 ovvero "Leggiamo gli autori italiani"!!!

Secondo appuntamento con le mie letture estive.
Pensando alle letture dello scorso mese di luglio, dedico la mia rubrica alla letteratura italiana contemporanea, spesso bistrattata e criticata ma che, a mio parere, riserva al lettore più attento delle sorprendenti esperienze letterarie.

Di seguito troverete qualche considerazione riguardo a:
Ferzan Ozpetek - Rosso Istambul
Paolo Cognetti - Sofia si veste sempre di nero
Simona Sparaco - Nessuno sa di noi
Giorgio Van Straten - Storia d'amore in tempo di guerra

Ferzan Ozpetek -  Rosso Istanbul

Il primo romanzo del regista Ferzan Ozpetek è a mio parere un libro che vale la pena di leggere; una serie di aneddoti su Istanbul, città di origine del regista, sulla sua infanzia e le figure che lo hanno aiutato a crescere. Mi ha incuriosita fin da quando ho letto della sua uscita tra le pagine della rivista di cinema "Ciak", che leggo ogni mese con interesse e ho dovuto subito correre a comprarlo per avere una visione "altra" di questo regista che da anni mi affascina con i suoi film così intimi e personali.
Un romanzo dal quale però non mi aspettavo tanto, forse perché non mi fido mai dei personaggi famosi che si improvvisano scrittori usando la facile scorciatoia della notorietà. Invece in questo caso mi sono dovuta ricredere: "Rosso Istanbul" è un piccolo romanzo, semplice nell'impianto e nella scrittura che però ha qualcosa dentro che lascia un segno, contiene un pezzetto dell'animo del regista che resta impresso sulla pagina e ne fa un libro degno di essere letto e di cui parlare bene. 

 Il romanzo si snoda su due piani narrativi paralleli. 
La vicenda del regista, che torna nella sua città natale per salutare l'anziana madre e dire addio alla villa di famiglia che presto verrà demolita, si intreccia con la vicenda di Anna, un'abbiente italiana in viaggio d'affari nella città, e con le giornate di contestazione politica e rivoluzione che Istanbul ha vissuto nel maggio 2013.

"Si lasciano mai le case dell'infanzia? Mai: rimangono sempre dentro di noi, anche quando non esistono più, anche quando vengono distrutte da ruspe e bulldozer"

A mio parere i capitoli di pura fiction incentrati su Anna sono i più deboli. Il vero cuore del romanzo è costituito dalle parti con protagonista il regista, la sua città, i suoi familiari e i ricordi della sua infanzia. Egli ci racconta se stesso, i suoi desideri di ragazzo che sognava il cinema, i motivi di certi snodi e tematiche tipiche del suo cinema e si apre al lettore che, dopo aver visto tanti suoi film, scopre un nuovo pezzo della sua personalità. 

Su tutto questo incombe la città, vera protagonista del romanzo, inizialmente descritta come se fosse una cartolina, con l'azzurro del suo cielo e del fiume Bosforo e i rossi dei suoi edifici, poi agitata da una rivolta dove non solo i giovani, ma anche gli adulti, gli anziani e le casalinghe si alzano contro un governo che vorrebbe trasformare in shopping center e parcheggi alcuni luoghi simbolo della città come il Gezi Park. 

"Per me Istanbul è una città a colori. Il blu della Moschea di Rüstem Pasha, avvolta di maioliche di Iznik, in Anatolia, dove sono state creare e modellate. E l' azzurro di certe giornate in cui il cielo ti fa venir voglia di diventare acquilone. [...] Istanbul è il blu e il rosso, che paiono riuscire a fondersi solo in certi tramonti sul Bosforo. E il rosso, il rosso dei carrettini dei venditori ambulanti di simit: le ciambelle calde ricoperte di sesamo che sono la prima cosa che compro quando arrivo. Il rosso fiammante dei vecchi tram: oggi ne è rimasto solo uno, con cui i turisti attraversano il cuore della città. Il rosso-arancio con cui erano decorati i piattini del tè che una volta ti porgevano nei kahve: tè bollente, servito nei bicchieri di vetro.
Anna è usata soprattutto come veicolo per raccontare vecchie leggende, come quella secondo cui i tulipani sarebbero stati portati in Olanda proprio dalla Turchia o la leggenda della principessa francese divenuta la favorita del sultano nell'harem."

Nota finale sulla meravigliosa copertina per cui è stata utilizzata una vecchia fotografia della madre del regista. Ozpetek ne spiega indirettamente la scelta tra le pagine del suo libro. Una vecchia foto ingiallita che è l'essenza della sua infanzia e della città, una fotografia simbolo di vecchie speranze e aspirazioni.

"All'improvviso ho voglia di rivedere una vecchia foto di mia madre, quella che stava in una cornice d'argento appoggiata sul pianoforte di casa, un pianoforte che nessuno suonava mai. Una foto in bianco e nero, poi ingiallita dal tempo, del giorno in cui ha sposata mio padre.
Mia madre è ritratta di profilo. I capelli biondo cenere sono pettinati a onde, come quelli delle dive del cinema, e un minuscolo cappello bianco le ferma l'acconciatura. Gli occhi socchiusi guardano chissà dove, lontano. Sulle labbra, il lieve cenno di un sorriso. [...] Mi piace guardarla e ripensare a mia madre così. Di una bellezza malinconica e struggente."

Ozpetek è un fine narratore di storie intimistiche, siano essere tradotte in immagini che su carta vera e propria e questo suo primo romanzo ne è un esempio perfetto.

"Io (...) mi guardo sempre intorno. Ascolto le conversazioni altrui. Mi chiedo cosa stiano digitando, le persone, sulla tastiera del loro cellulare, a chi rispondano. Cerco di immaginare le loro storie chiuse dentro a un telefonino. È i loro segreti, i rimpianti, i sogni. Per raccontarli nei miei film. Qualcuno ha detto che sono un ladro di storie, e forse è davvero così."

Paolo Cognetti - Sofia si veste sempre di nero

Il libro racconta per episodi la storia di Sofia e della sua famiglia disfunzionale, dall'incontro dei genitori, alla nascita della bambina, al loro rapporto difficile e conflittuale fino a raccontare anche delle persone che gravitano intorno alla famiglia e a Sofia adulta. Racconti, sketches, che fotografano, oltre ai protagonisti, diversi momenti della storia italiana e mondiale, dagli anni di piombo e al terrorismo, passando per le cliniche per ragazzi difficili fino alla New York post 11 settembre.

Questo libro educato e profondamente emotivo mi ha fatto credere nel fatto che i bravi scrittori italiani esistono, scrivono, si impegnano e lottano per essere pubblicati e letti dal pubblico. Non è un caso che il libro di Cognetti sia stato tra candidati al premio strega 2013! Questo romanzo è veramente bellissimo, perfetto sia per intreccio che per stile. 
La storia di Sofia e della sua famiglia viene raccontata per storie slegate tra loro, quasi delle istantanee di diversi momenti e snodi cruciali per la crescita dei protagonisti. Mettendo insieme tutti racconti come in un puzzle ne viene fuori la storia della famiglia Muratore e delle persone che gravitano loro intorno. Una famiglia nata quasi per caso dopo che Rossana, la madre, rimane  incinta senza ancora essere sposata. Il romanzo racconta delle difficoltà dei genitori di Sofia come coppia e come genitori, racconta come questo influisca su tutta la vita della ragazza che diventa negli anni una persona introversa, sempre alla ricerca di qualcosa, una persona che però cerca la propria realizzazione e la trova infine nella recitazione. Alla fine credo che Sofia riesca a liberarsi dalle sue zavorre e a vivere come vorrebbe a differenza della madre, imprigionata nella sua depressione e del padre, vittima del proprio lavoro e di una felicità forzata che si sforza di mostrare agli altri ma che in realtà è soltanto fittizia. 
Bei personaggi, tratteggiati con cura ed immersi nel loro tempo, dall'amico d'infanzia che adora i pirati, alla zia di Sofia che la salva da una madre opprimente ed oppressiva. Fino ad arrivare all'ultimo capitolo ambientato a New York (citta' che Cognetti ama molto e alla quale ha dedicato altre sue opere) e di ampio respiro che pone in una luce diversa tutto il romanzo e dà un senso logico alle diverse storie-istantanee. 
Un libro caleidoscopio che rimane sotto la pelle, che ti porta a riflettere se non esista una piccola Sofia in ognuno di noi, se davvero esista la felicità familiare o le famiglie in stile "mulino bianco".
Da leggere assolutamente e rileggere...

"E Sofia allora si ricorderà di questa notte. [...] E di quanto fragili le sembrassero, da bambina, le presunte sicurezze della vita: le famiglie erano come sommergibili sotto il tiro di disgrazie casuali, bombe di profondità lasciate partire dall'alto dei cieli in una battaglia navale tra te e l'imperscrutabile volontà di Dio."

"Ridi di gioia e hai di nuovo nove anni, stai giocando con Mozzo in giardino; piangi di solitudine e ti ritrovi nel tuo letto di quindicenne. La rabbia invece ha vent'anni: l'hai appena imparata e messa via, per quando ti servirà ancora. Sei la maestra e l'allieva della tua vita. Impari dalla te stessa del passato, insegni alla te stessa del futuro: le persone normali si smarriscono li dentro, tu ti ci muovi danzando."

Simona Sparaco - Nessuno sa di noi

Parlare di questo libro, anch'esso candidato allo Strega dello scorso anno, così come l'opera di Cognetti, è difficile, un'impresa quasi impossibile, oserei dire. È una lettura difficile e a tratti perfino dolorosa e ho riflettuto molto se includerlo nei miei consigli di lettura oppure no, perché parla di aborto terapeutico e del difficile percorso della protagonista per uscire da questa esperienza che si porterà dentro per tutta la vita. Insomma,  non certo un libro da leggere sotto l'ombrellone, ma una lettura doverosa, che spinge a riflettere e porta a chiedersi che cosa farebbe il lettore se messo di fronte ad una scelta del genere.

Luce e il marito Pietro vorrebbero da tempo un figlio, sono una coppia stabile, innamorata, che riesce a superare insieme le divergenze tipiche delle famiglie di oggi: dalla eccentrica madre di Luce con cui la protagonista ha un rapporto molto conflittuale, alla ricca famiglia di Pietro non molto contenta che lui abbia scelto di sposare una ragazza di un altro ceto sociale. 
Quando finalmente Luce rimane incinta i due credono di aver raggiunto il pieno della loro felicità, la perfezione del loro ménage familiare. Purtroppo una normale ecografia denuncia un'anomalia genetica nel feto che porterebbe ad una grave forma di nanismo. I due genitori sono messi davanti alla terribile scelta di dover mettere al mondo un figlio che conoscerà solo dolore, sofferenza e andrà incontro ad una morte prematura, e così scelgono la strada dell'aborto terapeutico. 

Simona Sparaco non indulge nel buonismo, non indora la pillola al lettore, ma racconta questo aborto "necessario" con realismo facendo capire al lettore tutto il dolore insito in una tale esperienza. Questo dolore è reso più acuto dal fatto che Luce, la protagonista, non consideri il bambino che porta in grembo come un feto, ma lo chiami sempre con il nome che ha scelto per lui, Lorenzo, e vivendo la perdita come un vero e proprio lutto, da elaborare e da cui per lungo tempo non riesce ad uscire. 
Da queste pagine si scopre una fine scrittrice dell'anima, un'autrice che riesce a trattare un argomento tanto difficile e taciuto in modo delicato, doloroso, certo, ma mai volgare o sopra le righe, dimostrando che anche gli autori italiani sanno essere dei grandi narratori capaci di toccare certi nervi scoperti dell'esistenza.

Giorgio Van Straten - Storia d'amore in tempo di guerra

Roma, la resistenza nazifascista, le deportazioni e i rastrellamenti, l'amore tra due giovani che vorrebbero vivere la loro storia d'amore senza dover pensare alla Storia che si sta facendo attorno a loro.
Questi sono gli elementi del bel romanzo di Giorgio Van Straten, autore fiorentino classe 1955, che qui decide di confrontarsi con l'ultima guerra, la ricostruzione post-bellica e la politica italiana del dopo guerra.

Il linguaggio di Van Straten è lineare, semplice, quasi "accademico". Quello che invece è la chiave per leggere questo romanzo non è tanto lo stile ma la struttura a scatole cinesi: un bibliotecario grigio, con poca fantasia, un "uomo senza qualità", per dirla alla maniera di Robert Musil, ha una grande passione per la storia contemporanea, anzi proprio grazie a questa sua passione aspira a scrivere un'opera di ricostruzione storica che lo faccia uscire dalla sua mediocrità. Il protagonista del suo ambizioso sogno è un politico ormai anziano e sul viale del tramonto, rinchiuso nella gabbia dorata della sua villa e accudito dal suo infermiere, uno statista che nel dopoguerra e per cinquant'anni ha tenuto le fila del più importante partito politico dell'Italia del dopoguerra. Una figura che ricorda Giulio Andreotti, un personaggio ambiguo, oscuro e che cela dietro la gentilezza di vecchio saggio tantissimi segreti italiani. Parlando con lui il bibliotecario scopre però una storia mai raccontata, un ebreo, Enrico Foà, vissuto nel ghetto di Roma, che sembra sparito nel nulla prima della fine della guerra. Egli si metterà sulle sue tracce e incontrerà così la dolce figura di Miriam, la donna che in quel tempo travagliato e incerto lo amo' di un amore puro e incondizionato mentre intorno ai due giovani scoppiava la guerra di resistenza. Un amore puro fuori dal tempo e dai condizionamenti storici.

Quella di Van Straten è una storia dentro una storia che ne conduce ad un'altra ancora. Un labirinto fatto di racconti, segreti, muri di gomma apparentemente insormontabili, verità taciute che riecheggiano il modo italiano di far politica, quello dei misteri irrisolti, dei depistaggi, dell'omerta, del non detto. Il racconto del politico si alterna nei vari capitoli alla storia di Mriam e della sua passione fino al disvelamento finale.


Questi libri mostrano come la nostra letteratura contemporanea sia viva, presente, pungente, come rifletta sulla nostra vita di oggi intrecciandosi con il nostro passato, perché solo capendo chi siamo stati potremo capire chi siamo diventati e dove stiamo andando.
Scegliete con cura cosa vi apprestate a leggere e, talvolta, optate per un autore italiano, uno che non avete mai sentito nominare, se siete fortunati scoprirete un "tesoro" che saprà regalarvi tante emozioni!

Buone letture e buone vacanze!


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