"Io sono Kurt" e "Il sesto giorno": il noir italiano è vivo e gode di ottima salute


Sono da sempre una lettrice vorace di tutto ciò che sulla pagina si tinge di giallo, grigio, nero… amo i gialli più classici (a tal proposito, ricordo interi pomeriggi estivi col naso dentro un giallo di Agatha Christie o Arthur Conan Doyle), per un lungo periodo mi sono dedicata a conoscere tutto ciò che hanno scritto Carlo Lucarelli o Giorgio Faletti, senza nominati maestri più horror come Stephen King o Richard Matheson…
Da qualche tempo e per non rimanere troppo legata alla mia "confort zone", mi sono dedicata con più assiduità alla narrativa e i classici, ma sono stata ben lieta di tornare tra le pagine di un noir, anzi due, grazie alla nuova collana Darkside della Fazi!

Un'unica avvertenza prima di iniziare: nel caso siate pigri e non abbiate voglia di leggere fino in fondo il mio lungo articolo, potete sempre collegarvi a Youtube e sentire mentre ne parlo QUI
Ed ora veniamo a noi...


PAOLO RESTUCCIA - Io sono Kurt

Paolo Restuccia, regista radiofonico del famoso programma di Rai Radio 1 "Il ruggito del coniglio", è una persona che di musica e parole "ne sa".
La prima cosa che noterete leggendo il suo libro è la colonna sonora che lo accompagna e che più volte il protagonista invita ad ascoltare come sottofondo mentre si procede con la lettura; una colonna sonora che unisce i generi più diversi: dalla musica classica, ai classici del rock, passando per il pop e gli ultimi successi musicali.
Restuccia conosce molto bene anche tutti i canoni del genere noir. Nel suo romanzo il linguaggio è spesso tagliente e smozzicato, le frasi brevi, quasi telegrafiche, e la storia costituita da istantanee, pezzetti di puzzle, tramite i quali dobbiamo ricostruire la vicenda del protagonista che compie repentini salti temporali, avanti e indietro nel tempo, dal 1996 al 2016.

Il protagonista è Andrea Brighi, un quarantenne romano che lavora da sempre nel mondo delle radio e dei locali. Quando il romanzo inizia egli sta viaggiando verso la Svizzera con a bordo una borsa piena di denaro non propriamente pulito proveniente dal locale notturno che gestisce con la moglie e il cognato. Andrea è un uomo in crisi che non vuole accettare i suoi quarant'anni e rimane con la mente e il cuore attaccato ai suoi vent'anni, tanto da aprire il romanzo con la frase "Abbiamo vent'anni solo per ricordarli quando ne avremo quaranta" che è la dichiarazione d'intenti del libro, la chiave di volta per considerare tutto il romanzo.
Andrea dentro di se rimane sempre  il suo alter ego Kurt, nome ricalcato ovviamente dal suo mito Kurt Cobain. Kurt è l'Andrea dei vent'anni: un ragazzino immaturo e inesperto che conobbe un ragazzo più grande, Stefano Zanchi, detto Diavolo Biondo, e che grazie a lui ebbe un lavoro come speaker radiofonico in una radio di Trieste, e poté vivere anni di vita spericolata, sesso droga rock'n'roll, ma soprattutto poté vivere la passione per una ragazza: Anna, condivisa con diavolo Biondo.
Ma come spesso succede, i rapporti con Anna e Diavolo Biondo sono finiti e neanche troppo bene, tra litigi, recriminazioni, separazioni.
Andrea-Kurt non ha mai superato il trauma della perdita di Anna, forse il suo unico grande amore, e quel giorno, dopo vent'anni, guidando in autostrada, ripensa a al 1996 e vede - o forse crede di vedere - nell'auto accanto alla sua proprio Stefano Zanchi-Diavolo Biondo. Andrea lo segue e finisce a Trieste, dove tutto si è consumato vent'anni prima, proprio nella misera pensione a ore in cui viveva a quel tempo.

Quando Andrea-Kurt si installa nella squallida pensione "Ghega" quello che era iniziato come un on-the-road sulla strada dei ricordi, diventa un noir claustrofobico chiuso dentro quelle mura fatiscenti. Il tempo e i luoghi si ripiegano su se stessi e grazie anche ai numerosi flash back non si capisce più se quello che vive il protagonista sia vero, un ricordo, un sogno, un delirio.
Il senso di oppressione che mi ha provocato è stato molto simile a quello sperimentato vedendo American Horror Story Hotel, perché anche la pensione Ghega è più un luogo dell'anima che un posto reale, un albergo di infima categoria infestato dai personaggi più strani: la cameriera indovina, la femme fatale, i criminali, la prostituta grassa, il trans, che possono essere sia reali che i fantasmi usciti dallanimo tormentato di Andrea-Kurt.

Paolo Restuccia conosce tutti gli stilemi del genere noir e sa come usarli per far entrare il lettore in una spirale sempre più malata che toglie il fiato.
Il suo è un libro teso, dark, giocato sul ricordo e sulla spirale del tempo. Sull'impossibilità di abbandonare il nostro io di quando avevamo vent'anni, come se quello che è avvenuto a quell'età immatura potesse influenzare l'intero corso della nostra esistenza.

ROSANNA RUBINO - Il sesto giorno

Se il primo libro mi era piaciuto, forse forse questo secondo noir Fazi mi è piaciuto anche di più.
Perché "Il sesto giorno" di Rosanna Rubino è un libro assolutamente particolare che sfugge ad ogni definizioni di genere, che gioca sul concetto di identità, ed è interamente costruito intorno ad un protagonista tanto affascinante quanto enigmatico e misterioso.

Rosanna Rubino è un architetto ed esperta di marketing di origini napoletane ma che da tempo vive a Milano, una città che nel suo romanzo diventa uno snodo fondamentale per l'evolversi della storia; meglio, la città stessa ne è un personaggio.

Tutto il romanzo ruota attorno alla figura di Ronnie Rosso, affascinante trentenne di origini nigeriane, che grazie alla sua intelligenza e ad un'idea vincente, in pochi anni ha creato un impero economico diventando uno degli uomini più influenti del pianeta, uno di quei geni dell'informatica in stile Bill Gates o Steve Jobs, in grado di cambiarci l'esistenza. Ronnie ha infatti creato dal nulla "Talentik", il più grande database audio mondiale; una sorta di YouTube contente file audio, dove le persone possono uploadare e scaricare audio guide su città visitate, libri letti, impressioni in generale.
Quando il romanzo inizia mancano cinque giorni al momento in cui Talentik sbarcherà a piazza affari venendo quotato in borsa e l'attesa e i preparativi per il grande evento sono spasmodici, ma arrivano anche in un momento molto delicato per Milano e l'Italia: il governo sta infatti per varare dei provvedimenti invisi l'opinione pubblica e la città è percorsa dalla più grande sommossa popolare dal dopoguerra.
Sullo sfondo di una Milano distopica, grigia e piovosa, l'autrice racconta i cinque giorni - più uno - in cui Ronnie, a capo di un enorme impero economico, decide di dare una svolta alla sua vita e fare i conti con il suo passato.

È impossibile definire questo meraviglioso romanzo, esso è un noir ma non lo è fino in fondo. E' allora un distopico? Un romanzo psicologico? "Il sesto giorno" è tutto e niente.
La Milano dipinta dall'autrice è uggiosa e tetra, con tratti alla Blade Runner. È una città descritta di corsa, perché ogni nuovo capitolo che corrisponde ad un nuovo giorno nella vita del protagonista, il cui animo è tetro e uggioso come la città, si apre con Ronnie che corre a perdifiato per scaricare la tensione e i suoi fantasmi interiori.
Intorno a lui gli altri personaggi appaiono sfuocati, chiamati solo con la loro professione o il loro status: avvocato, segretaria, ragazzo, autista, guardia del corpo, e così via... Come se Ronnie fosse messo al centro di un occhio di bue, quelle luci che usano nei teatri per puntare l'attenzione su un determinato personaggio. Perché il romanzo è Ronnie stesso, è la sua vita quella che noi leggiamo, il suo attuale tormento interiore, i dubbi che lo tormentano a pochi giorni da un avvenimento per lui cruciale. Tanto Ronnie è agitato interiormente, quanto è apparentemente freddo e distaccato esteriormente, sempre impeccabile, avvolto in abiti sartoriali, che lo rendono enigmatico e glaciale.
Egli, in un momento così particolare, decide di abbandonare il riserbo che lo ha sempre caratterizzato e raccontare ad un ragazzo, che dice di essere un giornalista di Rolling Stone, ma che in realtà è solo un poveraccio che vorrebbe sfondare, le sue origini e l'arrivo in Italia. Ed è solo in questo suo racconto che emergono altri personaggi, Anna e Miriam, gli unici tanto importanti per lui da poter avere un nome proprio.
Perché come dice la frase chiave del romanzo: "solo conoscendo il bambino che siamo stati si può conoscere davvero gli adulti che siamo".

Il romanzo della Rubino è coinvolgente, onirico, distopico e allo stesso tempo immerso in una attualità che toglie il fiato.


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