La tragica bellezza di "Il racconto dell'ancella" di Margaret Atwood

Margaret Atwood e il suo romanzo più famoso sono stati la prima vera scoperta di questo inizio 2015. 
"Il racconto dell'ancella" è agghiacciante, claustrofobico, tragico, ma scritto con un linguaggio così lirico e ipnotico, così trascinate e commovente che finisce per diventare uno di quei libri per cui si è disposti a perdere ore di sonno leggendo sotto le coperte alla fioca luce di una pila per sapere come andrà a finire. È uno di quei romanzi belli, ma così tanto belli che, appena chiusa l'ultima pagina, vieni presa da un senso di vuoto che ti provoca un momentaneo "blocco del lettore", perché continui a pensare, a rimuginarci e nessun altro volume tra tutti quelli che riempiono la tua abitazione può eguagliarlo!
"Cala la notte. È calata la notte. Perché la notte cala, invece di lavarsi, come l'alba? Eppure se si guarda verso est, all'ora del tramonto, si può vedere la notte levarsi, non calare; il buio sale verso il cielo, all'orizzonte, come un sole nero dietro la coltre delle nubi, come fumo da un fuoco invisibile, una linea di fuoco proprio sopra l'orizzonte: un bosco o una città in fiamme. Forse la notte cala perché è pesante, uno spesso sipario tirato sopra gli occhi. Una coperta di lana."

Margaret Atwood è una scrittrice di rara bravura, vincitrice di numerosi premi letterari e riconosciuta come l'autrice di opere entrate a pieno diritto tra i classici moderni.
"Il racconto dell'ancella" è forse il suo romanzo più conosciuto, ambientato in un futuro che oggi definiremmo "distopico"; anche se credo che all'epoca della pubblicazione (1985) questo termine non fosse così abusato come lo è oggi e sarebbe stato definito un "romanzo speculativo", immerso in un futuro alternativo, oscuro, cupo, limitante.
Il governo degli Stati Uniti è stato infatti rovesciato da una dittatura religiosa, maschilista ed estremista, che ha tolto ogni potere e diritto alle donne riducendole in schiave. Il potere è nelle mani di pochi individui senza scrupoli chiamati Comandanti, molte donne sono state eliminate, così come è probabilmente accaduto a tutti gli uomini che si sono opposti al regime; le donne più anziane  sono state mandate nelle "Colonie" a smistare rifiuti tossici e quindi a morire, le più giovani sono serve (le Marte), addestratrici (le Zie), mogli; le donne fertili sono Ancelle, come nel caso della nostra protagonista. 

"Noi siamo dei contenitori, è solo il dentro dei nostri corpi che è importante. L'esterno può indurirsi e divenire rugoso, come il guscio di una noce."

Le ancelle sono donne giovani, che hanno già avuto figli, usate dai comandanti, molto probabilmente sterili, per cercare di avere dei figli propri e dare un seguito alla loro stirpe di tiranni. Per riuscirci hanno un tempo limitato e poi saranno eliminate anch'esse o trasferite nelle colonie.
Queste donne sono spossessate di tutto, ogni cosa è stata loro tolta, gli è proibito leggere, scrivere, parlare liberamente, gli è perfino stato tolto il loro nome, sostituito dall'appartenza al proprio Comandante. La nostra protagonista e infatti chiamata Difred, ovvero "appartenente a Fred" ed è lei, che racconta la sua vicenda come si confidasse con qualcuno, senza però mai rivelarci quale fosse il suo vero nome.

"Il mio nome non è Difred, ho un altro nome, che adesso nessuno usa perché è proibito.
Mi dico che non è importante, un nome è come un numero di telefono, utile solo per gli altri; ma mi sbaglio, è importante. Tengo coscienza di questo nome come qualcosa di nascosto, un tesoro che tornerò a scavare un giorno. È un nome sepolto, circondato di un mistero come un amuleto, un amuleto sopravvissuto a un passato incredibilmente distante. La notte sto sdraiata sul letto, con gli occhi chiusi, e il mio nome è li, sospeso dietro gli occhi, non del tutto a portata di mano, che brilla nel buio."

Gli oppositori al regime, se scoperti, vengono brutalmente uccisi ed esposti al Muro, come monito per gli altri.
Il regno di Galaad, cosi è chiamato il regime, è opprimente,totalitario e ha soppresso ogni libertà personale.
È in questo periodo storico opprimente che Difred racconta la sua situazione e ci immerge nel suo ambiente, nell'oppressione di una vita quotidiana fatta di rituali e vuoto di tempo, dove ella vive reclusa, in un abito che è esso  stesso una prigione: una tunica rossa che la ricopre da capo a piedi e la fa assomigliare ad una suora di sangue. Completano la "divisa dei paraocchi (!!!) bianchi che le impediscono di vedere liberamente il mondo circostante.

"Con le nostre alette, i nostri paraocchi, è arduo guardare in su, arduo avere l'intera vista del cielo, a qualsiasi ora. Ma possiamo farlo, un poco per volta, con un rapido movimento del capo, su e giù, a destra e a sinistra. Abbiamo imparato a vedere il mondo a piccoli assaggi."

Oltre che dall'ambiente nel quale è costretta a vivere, schiava del suo stesso corpo, Difred è schiava del suo stesso passato che nei flashback le fa sentire come sia opprimente la sua attuale vita di costrizione . Perché la crudeltà è anche essere tra le prime a sperimentare il ruolo di ancella, ricordando come si viveva prima, quando si davano per scontate cose e valori che nel suo presente sono utopie, sogni proibiti. 
Le pagine nelle quali ella ricorda come viveva felice il suo stato di moglie e madre sono commoventi e mi hanno strappato una lacrima a più riprese. 

Descritto in questo modo, questo romanzo potrebbe allontanare dalla lettura anziché invogliare. 
Ma la prosa della Atwood è così poetica, lirica, appassionata che le pagine volano via e si ha la voglia di sapere come questa gabbia nella quale Difred è rinchiusa verrà scalfita. 
Tra tutti i I personaggi  che riempiono le pagine del romanzo, tutti di spessore e dalle profonde psicologie, vorrei ricordarne due tra i principali: il Comandante e sua moglie.
Serena Joy, la moglie, è una glaciale ex predicatrice televisiva vittima ella stessa di ciò che ha predicato per tanti anni. Ella apparentemente non mostra nessun sentimento verso nessuno, forse prova un po' di affetto soltanto verso i fiori che coltiva quasi in modo maniacale e che in un ambiente così sconvolto sono quasi un anacronismo, una cosa superficialmente bella che non serve più ad abbellire niente.

Ma il personaggio che ha mosso maggiormente il mio disprezzo è stato il Comandante. 
Egli inizialmente ha smosso in me un sentimento di compassione, l'ho visto come una vittima dello stesso sistema che gli da potere, una persona che, ricercando un rapporto umano con Difred, voglia alleviare un po' le sofferenze della situazione della giovane.
Ma quando si capisce che questa è una sua abitudine, lo ha già fatto con altre sue ancelle, allora appare in tutta la sua crudeltà, il suo maschilismo, lo stesso che ha spinto gli uomini a ergersi sopra le donne rendendola schiave, in lui non c'è compassione o umiltà, soltanto egoismo.

"Il racconto dell'ancella" è uno romanzo agghiacciante, e lo è ancora di più alla luce dei fatti di attualità che hanno scosso l'Europa nei primi giorni del nuovo anno. Stavo appunto leggendo il romanzo durante gli attacchi terroristici a Parigi. Visto nell'ottica minacciosa di estremisti che fanno fuori senza ripensamenti chiunque non la pensi come loro, che vorrebbero far ripimbare l'intero Occidente in un nuovo Medioevo, il romanzo della Atwood ha assunto una nuova prospettiva, una nuova luce ancor più inquietante e probabilmente mi ha permesso di coglierne le implicazioni profonde, perché ogni estremismo può generare soltanto odio, dolore, ribellione. 

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