"Jackie", il film e un cuore in tanti pezzetti minuscoli

L'assenza: di un marito, dell'amore della sua vita , di un presidente.
Gli occhi spaesati di una donna che insieme all'amore della sua vita ha perso anche le certezze della direzione che la sua vita stava prendendo.
Una Natalie Portman, tanto somigliante alla vera Jackie Kennedy da scomparire nel personaggio, si aggira sola e spaesata tra le sontuose stanze della Casa Bianca che lei stessa ha personalmente fatto riarredare con quadri e arredamenti d'epoca. I suoi passi riecheggiano nelle stanze deserte e lei sembra una vedova bambina, troppo magra, troppo emanciata per poter sopportare il dolore di un'intera nazione.

Il film di Pablo Larraine e l'interpretazione della Portman sono così potenti da togliere il fiato e per due ore ci si ritrova catapultati nel mondo tragico di questa giovane vedova illustre. Le scene sono così forti che è impossibile non provare la disperazione di questa vedova-bambina (Jackie all'epoca era poco più che trentenne) quando cerca di togliersi dal volto gli schizzi di sangue del marito o quando deve dire ai suoi bambini che il padre non tornerà più.
Il film è costruito attorno a Jackie, First Lady senza più un presidente, e al modo in cui tentò di gestire il dolore e organizzare prima il funerale di stato del marito e poi la sua vita, di fronte alle telecamere e al mondo.
Il marito presidente non appare mai se non nella parte finale a significare che la protagonista è la giovane vedova, che dovrà ripensare la propria vita e superare un trauma che spezzerebbe l'animo  di chiunque.




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